2020 Cammino sulle tracce della resilienza

Un piccolo ma necessario cammino. nell’anno della pandemia da Covid19

E’ il primo cammino collettivo di Repubblica Nomade dopo il loockdown, si svolgerà tenendo conto delle misure dettate dall’emergenza ancora in atto e avrà come tema il nomadismo e la resilienza.

Questi due termini, molto attuali ed in parte abusati (nell’ultimo periodo si è parlato di città resilienti, di popoli resilienti, di aziende resilienti), erano alcuni degli elementi che caratterizzavano in passato la transumanza nei territori della Puglia e della Basilicata.

La scarsità di erba nei pascoli nel periodo estivo nella bassa Puglia spingeva uomini e greggi a spostarsi nelle zone collinari delle due regioni per poter far sopravvivere il bestiame.

Erano cammini che richiedevano molti giorni, che percorrevano dei tracciati ben definiti chiamati “tratturi” e sicuramente rappresentavano un modo resiliente di affrontare il problema della scarsità di foraggio.

Il nuovo cammino di RN cercherà, ove possibile, di seguire questi antichi percorsi, ragionando sul fatto che pur rispettando le regole in vigore, possiamo muoverci e comunicare, possiamo capire come il mondo sta cambiando e cosa fare per assecondare questi cambiamenti ed esplorare nuove visioni della vita su questo pianeta.

Nomadismo e resilienza

L’idea di questo cammino si basa su due parole: nomadismo e resilienza. Il primo termine è parte integrante della nostra associazione e ne conosciamo bene il significato.

Per quanto riguarda invece “resilienza”, da tempo è diventato un termine di più ampia diffusione e non riferito soltanto ad una particolare caratteristica dei materiali.
Si è iniziato a usarlo parlando ad esempio di aziende resilienti, di popolazioni resilienti e di città resilienti.
In quest’ultimo caso la resilienza di una città è stata introdotta facendo riferimento alla capacità di una città di risolvere e di adattarsi a problematiche impreviste; faccio un esempio.
Più volte si è detto che Genova è una città resiliente perché è riuscita ad attenuare una serie di problematiche legate alla sua posizione geografica (che risente molto dei  “capricci” climatici) ed è riuscita in qualche modo a rimediare a quel grosso trauma che ha stato il crollo del ponte Morandi.
In questo periodo il termine resiliente è andato molto di moda, applicato alle città e alle società proprio in occasione dell’ emergenza del covid 19.

I percorsi della transumanza.

In passato le fattorie che avevano importanti quantità di bestiame spostavano i loro animali, a causa della carenza di pascolo nel periodo estivo, dalla bassa Puglia (salento ionico) verso la Basilicata, o da altre zone della Puglia (Murge e Foggiano) verso il Molise e l’Abruzzo. Percorrevano molti chilometri in delle strade di campagna che venivano chiamate tratturi.

Il viaggio di andata avveniva all’inizio dell’estate e il viaggio di ritorno si effettuava normalmente all’inizio dell’autunno.
La transumanza ha nel suo essere, secondo me, le due parole che citavo prima: nomadismo e resilienza.
Sul nomadismo, concetto che conosciamo bene e in riferimento appunto alle mandrie di bestiame che si spostavano, loro potevano pascolare e mangiare durante il percorso in terreni che apparentemente non erano di nessuno.
Quindi, no confini, no barriere, no distinzione fra quello che è mio è quello che è tuo.
La transumanza era un modo per per adattarsi e risolvere un problema di tipo climatico e di sopravvivenza.
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