Le voci dei ragazzi di Pomigliano D’Arco

Durante il giro di presentazione del Cammino dei due vulcani tra il 3 e il 6 novembre 2022 nella provincia di Napoli, a Pomigliano D’Arco presso il liceo Vittorio Imbriani alcuni allievi ci hanno fatto dono di pensieri emersi inerenti i temi trattati quel giorno. Con gioia li condividiamo.

Pensieri e riflessioni degli studenti della terza d classico del liceo “Vittorio Imbriani”

Camminare è l’azione che l’uomo compie incessantemente per tutta la vita, anche quando è fermo, egli continua a spostarsi con la mente, percorre sentieri inesplorati e vicoli ciechi, strade asfaltate e sterrate. Nel momento in cui si addormenta nella sua testa il moto non cessa, anzi, subentrano i sogni, un labirinto sconclusionato. Alcune volte però camminare non basta, bisogna correre, altre volte ci si può permettere di rallentare. Talvolta ci si rende conto di non camminare da soli, ma affiancati da altre persone che percorrono la stessa strada. Spesso si parte da un cammino conosciuto per poi trovarsi il luoghi mai visti e se non si sta attenti si rischia di perdersi, ma l’importante è riuscire poi ad orientarsi nuovamente e proseguire. Per questo credo che il cammino sia connaturato in ogni essere umano.

Claudia Di Rienzo

 

Soffia un leggero venticello, quasi primaverile, sposto lo sguardo verso quell’albero, piccolo, ma con grandi foglie dorate che volteggiano delicatamente, leggiadre e leggere, come sono i miei pensieri. Mi alzo da questa romantica panchina dove mi ero un po’ assopita e inizio a camminare, e i miei passi diventano sempre più lenti, quasi sfiorano la strada, sempre più lentamente, come se avessi paura di scoprire qualcosa di nuovo e allo stesso tempo meraviglioso, mi avvicino alla ringhiera della mia anima per sporgermi verso l’infinito, l’azzurro del mare, il verde delle cime, le dolci colline. Il mio sguardo si perde e non è la solita emozione, non è un’emozione ordinaria, è un’emozione mistica, quasi scopro l’infinito, provo ciò che forse provava Leopardi mentre guardava la siepe: “Io nel pensier mi fingo, ove per poco il cor non si spaura.” Avverto una carezza, la carezza di Dio. In questo infinito c’è sacralità, sentimento, poesia e mistero. L’anima è come una terrazza tra le grandezze della natura, dove l’amore è senza pregiudizi e le anime possono camminare insieme o solitarie verso la vita che può essere un incanto.

Vittoria Busiello

 

Quella giornata sembrava voler continuare ad urlarle contro di tornare sotto le coperte, nell’oscurità della sua stanza, e di non uscire mai più.

Il compito di quella materia in cui proprio non riusciva era andato davvero male e il coraggio di tornare a casa svaniva passo dopo passo.

Gli occhi di tutti nel corridoio sembravano puntati su di lei nonostante non lo fossero, si sentiva osservata e quella sensazione l’accompagnò finché a pieni polmoni non respirò l’aria dell’immenso cortile.

No, non ci sarebbe tornata a casa. Aveva bisogno di riflettere e di trovare un percorso che sapesse liberare la sua mente da tutti quei pensieri intrusivi che non la lasciavano stare.

Ma non aveva proprio idea di dove andare.

Le cuffie le stringevano la testa e la musica iniziava a donarle un senso di comfort.

I suoi piedi si mossero veloci per allontanarsi dalla zona della scuola e furono indirizzati da qualche forza superiore che le urlava di perdersi per ritrovare se stessa.

Camminava, camminava e ancora camminava.

Il suo passo era veloce, sembrava seguire il ritmo dei suoi pensieri che quasi martellanti urtavano contro le sue tempie.

Eppure non sentiva alcun dolore, né alla testa né ai piedi.

Si sentiva più leggera, più libera.

E quel venticello che le scompigliava i morbidi capelli l’accompagnava tra una chiacchiera e l’altra con se stessa.

Il parco in cui era finita sembrava non avere una fine e quando stava per uscirne una voce sovrastò la musica.

Era una donna.

Sembrava star piangendo, mentre sbraitava al telefono premuto con forza al suo orecchio.

“Finisce qua, sono esausta!”

La giovane fermò la musica e le si avvicinò.

“Mi scusi…va tutto bene?”

Guardandola da vicino si accorse che aveva un occhio nero e il trucco completamente sbavato a causa delle troppo lacrime.

No, non andava bene ed era palese.

La donna aveva intorno ai trenta anni, ed era davvero bella, nonostante tutto.

Inizialmente non ripose a quella domanda, ma dopo qualche minuto di attesa, con una flebile voce sussurrò qualcosa.

“Cosa faresti se un uomo ti privasse dei tuoi sogni?”

La ragazza, spiazzata, le chiese se le andasse di camminare con lei, aveva bisogno di camminare per riflettere su quella domanda.

La donna sorrise lievemente e acconsentì. Forse vide nella giovane un’estranea a cui aggrapparsi.

Passarono molti minuti di silenzio.

Un silenzio assordante, quasi fastidioso che sembrava il rumore della pioggia durante un temporale. Venne poi spezzato dalla ragazza che ora sentiva di poterle dare una risposta.

“Faccio questi passi con il cuore in gola.

Sono uscita da scuola con l’obiettivo di non pensare ai miei problemi e inseguire un percorso nel nulla, ma ho incontrato lei.

Io non sono una persona particolare, sono una ragazza come tante con i problemi di tutte le adolescenti, ma se c’è una cosa che so, che so bene, mai mi farò privare dei miei sogni.

E forse era destino che io la incontrassi per ricordarmelo, per ricordarmi di alzare sempre la testa di fronte alle difficoltà.

E forse era destino che io intraprendessi questo cammino per permettere a lei di iniziarne uno con se stessa e allontanarsi da un uomo che le provocava dolore fisico e mentale e che le impediva di essere essenzialmente se stessa.”

Non si guardò indietro la giovane. Continuò a camminare.

Quei passi avevano cambiato la sua giornata e col senno di poi vi dico la sua intera vita.

Era riuscita attraverso quella passeggiata a comprendere che non doveva annullarsi per dei pensieri che continuavano ad assillarla senza pietà e soprattutto che camminare può farti scoprire mondi nuovi, dentro e fuori.

Rossana Nappo

 

 

A poco, a poco tutto

inizia ad essere più pesante:

qualcosa si è rotto.

L’animo errante,

le strade un tempo conosciute

si trasformano in vie ignote.

Il battito accelera,

il pensiero degenera.

Non serve compagnia

quando la mente è in agonia

Aurora Gallina

 

 

Il cammino, inteso come atto, è quell’azione che consiste nel muoversi utilizzando i piedi.

L’azione del camminare può essere sia fisica che mentale/interiore e come afferma Ippocrate: “Camminare è la migliore medicina per l’uomo”.

Ciò implica che, oltre ad essere un ottimo esercizio fisico, è un ottimo esercizio mentale poiché stimola il ragionamento.

Il cammino interiore, lo si può paragonare ad un viaggio che avviene nella nostra anima ed analizza la nostra coscienza.

Ognuno di questi viaggi che avviene in noi porta frutti incredibili e favorisce cambiamenti e crescita personale.

Infine, io credo che camminare attraverso le strade tortuose e le viuzze dell’anima sia l’unico modo per scoprire e riscoprire se stessi e il mondo.

 Vincenzo Panico

 

Camminare  in città, in un luogo conosciuto, in riva al mare o su qualche ignoto sentiero montano, per un’ora o per mesi, è probabilmente l’attività che meglio connota l’essere umano. Camminare ci porta a scoprire il mondo circostante, a conoscerlo realmente grazie ai nostri sensi e non solo attraverso le immagini di uno schermo. Camminare  è una forma di meditazione, che presuppone calma, lentezza, equilibrio e curiosità e che spesso funge anche da ispirazione. Camminare da soli è diverso dal camminare in compagnia perché camminando da soli si ritrova una dimensione interiore che si credeva perduta e, soprattutto, si riscopre il valore del silenzio che è condizione necessaria per elaborare i pensieri, invece quando si cammina in compagnia non si tende ad ascoltare il silenzio, ma si è distratti dalle voci circostanti e diventa più difficile riordinare i pensieri. Rousseau afferma che: “Mai ho pensato, ho vissuto, sono stato vivo e me stesso, se così posso dire, come in quei viaggi che ho fatto a piedi e da solo” . Camminare aiuta a riflettere meglio, in quanto, tutte le più grandi riflessioni sono concepite mentre si cammina. Al giorno d’oggi il camminare viene molto sottovalutato, si tende ad andare sempre di fretta, a non avere il tempo di fare nulla e per comodità si utilizzano i mezzi di trasporto. Si sottovaluta l’importanza di respirare aria fresca e di afferrare la vita con le mani e con i “piedi”. Camminare è dunque un efficace modo per non smettere mai di meravigliarsi, per continuare a sorridere e riscoprire la bellezza del mondo, semplicemente a portata di… passo.

Paola La Marra

 

Vivo in una città interamente costituita di nebbia, vivo nella mia città di nebbia.

Qui non vi sono molte persone, non sembrano essere necessarie.

Ad oggi si conta un solo abitante, e quello sono proprio io. Cammino per le strade, attraverso gli incroci e le vie più pericolose, quelle più segrete. Sono sola e credo di esserlo sempre stata.

Cammino per ore ed ore, non sembro patire molta stanchezza, tantomeno fame: qui, nella mia città di nebbia tutto si teme, troppo si prova. Ma ciò non sembra realmente importare.

Cammino persino sotto la prepotenza di un temporale o contro le raffiche del vento. Spesso attendo di vedere un raggio di sole spuntare tra i grigi nuvoloni, ma il sole non sembra mai farsi vedere.

Nel frattempo continuo a camminare e cerco riparo dai passi che comincio a sentir correre intorno a me. Li sento, lo posso giurare. Eppure, qui, nella mia città di nebbia, ci sono sempre e soltanto io: quei passi, però, continuo a sentirli, mi hanno circondata.

Allora comincio a correre anche io, cerco di raggiungerli o forse di evitarli, quindi corro, corro, corro e scappo. Ci provo, perlomeno.

Se abbasso lo sguardo le mie gambe sono bloccate. A quel punto la nebbia diviene più fitta del solito, nulla risulta visibile.

Sono immobile, non ho mai corso. Non ne sono mai stata in grado. Forse non ho mai neanche camminato e questa città è solo una perfida illusione. Forse potrò sembrare strana o priva di ragione perché dico di sentire il rumore di quei passi più rapidi dei miei e che mi stanno superando.

Ma dopotutto, come biasimarmi? In questa città non rimane nient’altro che nebbia, ed io la abito.

Cammino ancora tra le sue vie, corro, inciampo nuovamente nei miei stessi passi. La città di nebbia mi tiene in trappola e nessuno sembra aver notato la mia mancanza. Nessuno ascolta il silenzio della mia città di nebbia, nessuno presta attenzione.

Marcella Scardamaglio

 

Camminare

Facile camminare in compagnia

rido, parlo con gli amici

e i miei mostri vanno via

allento il nodo che ho in gola

la voce nella mia testa riposa

sembra tutto più leggero

il mondo appare meno nero.

 

Difficile camminare da sola

perché in quel momento la paranoia mi ingoia

e i pensieri cominciano a far rumore

come se fosse caduto un mattone

 

Mi rifugio nello sguardo dei passanti

mi chiedo se anche chi mi sta davanti

abbia pensieri così pressanti

siamo così diversi dagli altri?

Mi interrogo facendo un altro passo avanti

io che ho sempre la testa altrove

che scappo da quel che sento

senza neanche sapere dove

Clara Caprioli

 

Cammino sulla sabbia

Tuf… tuf… i piedi sprofondano nella sabbia.

Tuf… tuf…quand’è che il passo si è fatto così pesante?

Tuf… tuf…il calore li avvolge, tenere rocce.

Tuf… tuf…piedi striati, dal tempo, dal sole,

dalla vita, dal percorso

che ogni passo lascia indietro

per spingersi nell’intoccato.

Tuf… tuf…non sempre lo furono,

nemmeno ricordo che non lo fossero, ieri.

Tuf… tuf… sprofondano prima veloci, e poi resistono i granelli collimati e…

Tuf… tuf… è un bel cammino, il nostro.

Sofia Marone

 

 

Nessuno, me compresa, si concentra mai su quest’ attività. La maggior parte di noi non si rende neppure conto che camminiamo in tantissimi momenti importanti e non della nostra vita. È un’azione così scontata, così intrinseca e così primitiva in noi che nessuno si ferma mai a pensare al moto del suo compimento. “Camminare” in senso puramente pratico, indica un susseguirsi di passi, prima una gamba in avanti e poi l’altra, fin quando non si arriva alla meta desiderata ed il passo è costretto ad arrestarsi. Frequentemente noi procediamo nel nostro cammino da soli, ma spesso ad accompagnarci in realtà, ci sono i nostri pensieri. Dunque è probabilmente durante i cammini più solitari che ci avviciniamo di più alla conoscenza di noi stessi: è per questo che, al verbo che stiamo prendendo in considerazione dal principio di questo testo, non può non essere associato anche un significato più retorico. Il “cammino” simboleggia l’avanzare e il progredire della nostra vita, nonostante tutto e tutti. Quando incontriamo un ostacolo su un sentiero, abbiamo due possibilità: cambiare strada o aggirarlo, ed è la stessa scelta che possiamo applicare nelle nostre vite. Ciò che conta, è non fermarsi prima di raggiungere la meta, provarci, e se ci accorgiamo di star andando nella direzione sbagliata, possiamo sempre tornare indietro e cambiare strada. E poi, è probabilmente durante i cammini più lunghi che si fanno gli incontri più importanti, ed è sicuramente nelle passeggiate più solitarie che impariamo ad apprezzare i silenzi, spesso insopportabili, delle nostre vite.

Rita Cappabianca

 

Il cammino: esperienza totale.

Stupido pensare che sia possibile stare soli; infatti, soli non lo si è mai, si è costantemente in compagnia di se stessi, anche quando si teme di essersi persi all’interno di quello spazio in cui gli esseri tentano di vivere. “Tentano” perché si potrà dire di star davvero vivendo soltanto dopo essere riusciti a riconoscere la propria intrinseca qualità di essere umani.

Ci chiederemo vivere cosa?

Un percorso, un sentiero, un cammino con una sola e indissolubile meta finale e tante, tantissime tappe minori. Un movimento costante, che per certi tratti sarà condiviso con secondi, per altri, ci porterà a sfidare l’ignoto. È possibile costituire il proprio percorso tramite la consapevolezza della qualità prima citata, che ci porta a formulare pensieri e a prendere decisioni che possano rendere il nostro percorso meno tortuoso, e l’infinito cammino più lieto.

Chi smette di camminare, deliberatamente smette di decidere e, dunque, smette di vivere; c’è chi lo fa per poco, fermandosi in uno di quei sicuri centri di sosta che si trovano al lato della strada; c’è chi è obbligato a farlo, impedito nel cammino da qualche tronco o da qualche masso, troppo pesante per essere spostato o troppo alto per essere superato; e infine c’è chi decide di farlo per sempre, consapevole o meno che in poco tempo si ritroverà ad essere inghiottito dalla flora che prima contornava il suo sentiero.

Eppure qualcosa ho imparato. Ho imparato che le lacrime, ad un certo punto, non si trattengono più. Ho imparato che le persone scappano quando più fa comodo, quando è più semplice mollare. Che le promesse sono parole, solo e soltanto parole. Ho imparato a rimanere in silenzio. Ho imparato a mettermi in gioco e vincere. A mettermi in gioco e perdere. A non aspettarmi più niente dalle persone che più amo. Ho imparato a lasciar andare chi non vuole rimanere. Ho capito che la vita, a volte, la felicità te la fa pagare. Che se ti fermi un attimo, se smetti di camminare, anche solo per un secondo, nessuno ti aiuterà a continuare. Ho continuato a camminare ed è proprio grazie a banali passeggiate se sono riuscito a continuare senza l’aiuto di nessuno. Quando la situazione sembra sfociare nel peggio cammino e senza fermarmi mai trovo il mio posto, la mia vita, il mio essere al mondo.

Arcangelo Errichiello

 

Le passeggiate sono molto rilassanti e piacciono a tutti, eppure sono tra loro diversissime. Il solo fatto di essere soli o in compagnia può incidere profondamente sull’esperienza della passeggiata e anche il luogo è importante. Quando si è da soli in un luogo conosciuto, come un museo o un centro storico, si scelgono delle opere o dei luoghi da visitare e osservare con calma, si può perdere mezz’ora anche solo per osservare una statua. Quando, invece, ci si ritrova in posti sperduti si può ammirare la bellezza della natura, di una montagna o di un lago, ad esempio, e, in assenza di rumori forti, ci si può perdere nei propri pensieri. Il vantaggio delle camminate solitarie è il non avere pressioni: chi è da solo, non dovendosi adeguare alle esigenze altrui, può fare ciò che desidera e dedicare a questo il tempo necessario. Le escursioni in gruppo, d’altro canto, possono essere più divertenti, ma sono anche piene di distrazioni: i membri di un gruppo, vadano essi un in luogo conosciuto o meno, dedicheranno buona parte del loro tempo a parlare e, dovendo fare tutti la stessa cosa, difficilmente avranno la possibilità di far durare le attività quanto vogliono. Se una persona visitasse due volte lo stesso luogo, la prima volta con degli amici e la seconda da solo, alla seconda si accorgerebbe di dettagli e particolarità del posto che gli erano completamente sfuggiti durante la prima visita.

Pierpio Roccolano

 

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