La sporca dozzina e la libertà

Giacomo D’Alessandro

Diario del Braccio Nord Ovest. Tappe 2 e 3: da Recco a Chiavari. Lunedì 28 e martedì 29 maggio 2012.

Tappa 2: Recco – Santa Margherita, 28 maggio. Venticinque chilometri per dodici camminanti.

Eccoci. Ieri sera impegni di scritture e di risposte a messaggi vari mi hanno impedito di scrivere qualcosa sulla seconda tappa. Che è stata bella, piena e spettacolare. In dodici, la sporca dozzina che eravamo rimasti, siamo tornati con un po’ di ritardo a Recco (in treno, dopo la notte ancora al Convento di Oregina a Genova) e abbiamo ripreso da dove avevamo lasciato. Con un po’ di fatica a non disperderci tra caffè, focacce, mercato e bisogni, abbiamo raggiunto la bella Camogli per poi attaccare la scalinata fino al gioiello di San Rocco, e da lì ancora fino ai sentieri del Monte di Portofino.

Boschi, rocce, scogliere, salite e discese fra grandi tronchi, in conche scure per poi sbucare su viste mozzafiato. Forse è stato il giorno un po’ più complesso in cui “ingranare” per me. Le motivazioni, lo spirito, la gestione di tutte le cose, allacciare meglio la conoscenza e i rapporti con tutti, capire chi prosegue i giorni a venire.

Soddisfacente la varietà dei paesaggi e del lungo giro di uno dei monti più famosi al mondo, un po’ più perplessi ci ha lasciato il ricco turismo del paesino di Portofino, costellato di gioiellerie, negozi di vestiti di lusso e ben due banche nell’unica viuzza centrale.

Incredibile come la bellezza semplice e millenaria della natura, delle casette in pietra e mattoni, delle barchette approdate nella baia, degli uliveti e delle stradine giù per i terrazzamenti, in bocca al mare, siano diventati merce di lusso per pochi, strappati con denaro alla condivisione comune e cintati e blindati in grandi ville e lussuosi residence privati.

Come un paesino gioiello alla vista sia finto e sterile di vita, ma solo passaggio di desideri del consumo, di denaro e d’altre banalità. Manca l’uomo, manca l’umanità, manca la vita vera.

Ora sono qui in spiaggia a Zoagli, con le nostre tre donne di Stella d’Italia schiamazzanti e felici come bambine, in mare, Walter al sole dopo aver fatto le vasche e il colosso Luca svaccato dormiente dopo aver strappato il primo roboante tuffo all’arrivo.

Rammento ancora le belle cose di ieri, i racconti di Antonio sulla sua vicenda di scrittore tutta da scoprire, sulle favole scritte per sua figlie e le prossime per sua nipote, sul suo prossimo libro in stesura e la continua difficoltà, in questi anni, ad essere considerato per le sue opere invece che per la mancata adesione ai giri degli “amici”.

Tra un passo e l’altro ha modo di passare la storia di ognuno di noi, in sprazzi di racconti che si mischiano alla litania della risacca, sotto la strada, mentre una nube si affaccia oltre il crinale e qualche vela puntella, timida, l’orizzonte.

***

Tappa 3: Santa Margherita – Chiavari, 29 maggio. Venticinque chilometri per sei camminanti.

La tappa di oggi è stata decisamente bella e direi facile. Caro Tiziano, con l’esperienza del Cammina Cammina mi hai ripetuto più volte che il terzo giorno è quello critico sotto tutti gli aspetti. Per noi è stato invece quello forse più rilassante. Rimasti in pochi, senza timore di perdersi continuamente, senza doversi aspettare a lungo, con la possibilità di conoscersi meglio chiacchierando. Sarà che il chilometraggio non era molto, i luoghi sempre bellissimi per paesaggio, sole e mare, freschezza di alte fronde e uliveti circondati di fiori brillanti… Il nostro terzo giorno è stato davvero piacevole. Non ci ha risparmiato la pericolosa strada (sull’Aurelia) né la dritta salita (per ogni creuza de ma che ben conferma la canzone di De Andrè), ma i tempi di relax tra la lunga sosta (con bagno) a Zoagli e poi a Chiavari, nei giardini dietro la stazione, hanno reso quasi minima la fatica complessiva. Per quanto i nostri 20-25 km anche oggi li abbiamo macinati.

La Via della Costa, col suo itinerario poco segnato ma ben spiegato dalla guida scritta, fa i salti mortali per percorrere l’Aurelia il meno possibile. E ci riesce, letteralmente. Con sinuosi su e giù a scavallare i crinali, quasi sempre presidiati da chiesette e santuari, tra mattonate, scalinate, sentieri e tornanti tra case ed ulivi, la Via aggira un costone dopo l’altro, riscendendo al paese successivo, alla sua piazzetta, alla sua spiaggia.

Ci sono davvero centinaia di scorci, posti e pezzetti che senza camminare non sarebbero visibili. Ci siamo convinti per decenni che a contare è la velocità, il potersi disinteressare di quello che apparentemente è ostacolo, perdita di tempo rispetto alle “nostre cose”, e siamo al punto di non avere idea di cosa ci stiamo perdendo, di cosa rimane trascurato.

Vorrei dirlo ai tanti amici che sanno di Stella d’Italia, ai tanti altri che non hanno saputo: fidatevi, fate una tappa. Restituitevi la libertà di fare dei passi, semplici e primordiali, su strade e sentieri, in compagnia, nel silenzio o nelle parole, nel vento e nel sole, e respirate ciò che incontrate. Non ho la pretesa di indovinare o consegnare preconfezionato ciò che vivrete, sentirete, ricorderete. Ma vi giuro che qualcosa succede. Il cammino ha sempre ancora molto da dare, e non si può sapere cosa, né come, né quando. Ma occorre lasciarsi inserire in questa lenta fiumana di vita, apparentemente spoglia e inutile, vecchia e polverosa, e aprirsi a questa rivoluzione. A ciascuno verranno i suoi frutti, a modo proprio, e le impressioni e i pensieri del momento. Una ricchezza certa di imprevedibili emozioni, azioni, razioni, l’inizio di una relazione con l’invisibile del mondo, l’ignorato della realtà, il prorompente della libertà.

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