A Matera il primo abbraccio

Cosimo Buono 

“Abbiamo scelto di andare a piedi perché camminare permette all’uomo di esprimere il meglio di sé”. Sono state le parole che più mi hanno colpito, pronunciate da Antonio Moresco il pomeriggio del 12 giugno scorso, al termine della camminata da Laterza a Matera, quando i due bracci meridionali della Stella, quello siculo-calabrese e quello pugliese si sono riuniti nei Sassi.
Temevo il sole di questi primi giorni di giugno, temevo la landa desolata e senz’acqua della murgia, da attraversare nelle ore più calde per raggiungere Matera.
Alle 8:00, davanti al sagrato del Santuario della Mater Domini a Laterza, incontriamo Antonio, Luca, Stefania e Fernando. Fernando porta sullo zaino la bandiera di Stella d’Italia e di Speleo Trekking Salento, che si è incaricato di tracciare il percorso fino a Taranto. Fernando è l’unico ad essere partito sin dall’inizio, da Santa Maria di Leuca, il 2 giugno ed aver fatto il cammino per 11 giorni di seguito, eccetto la pausa di un giorno a Taranto.
Più che una carovana di persone, Stella d’Italia è una staffetta eterogenea: alcuni cominciano là dove altri si fermano, prendendo in mano il testimone del cammino che così prosegue senza interruzioni.
Stella d’Italia unisce persone di diversa provenienza che hanno deciso di camminare insieme: persone del Nord e del Sud, persone che vengono da lontano e del luogo, persone che camminano da tanti anni e persone che hanno appena cominciato, persone giovani e meno giovani. Del nostro gruppo, Antonio è il più vecchio con i suoi 64 anni e cammina con Rocco che ne ha 14.
Siamo in quattro da Matera e in tre da Santeramo, quasi tutti dell’associazione Trekking Falco Naumanni. Ci sentiamo sul nostro territorio e vogliamo fare gli onori di casa. A due passi da casa mia, eppure non conoscevo questa strada secondaria tra Matera e Laterza. Una strada che sulla cartina non è nemmeno segnata e che passa vicino alla Masseria Sierodistinci.
Il conducente di un’autocisterna si ferma per chiederci se la strada porta da qualche parte perché teme di essersi perso.
Lungo la via muretti a secco da cui spuntano mandorli, noci, gelsi e mucche al pascolo che ci osservano curiose. Era tanto che non assaggiavo i dolci frutti dei gelsi bianchi. Stefania è meravigliata di scoprire tanta biodiversità vegetale tra i cespugli e la gariga della murgia.
Nei terreni alla nostra sinistra intravediamo una cinghiala con i suoi cuccioli, che si allontana.
La strada sale leggermente e attraversa un bosco di fragno. Al margine della strada, all’ombra del bosco ci ristoriamo con un po’ di fresco e un asparago dal sapore selvatico. Il bosco di fragno in agro di Laterza avrebbe dovuto far parte di un unico grande parco tra Matera e Taranto, secondo le iniziali intenzioni dei promotori del Parco della Murgia Materana.
Incontriamo alcuni operai che stanno costruendo un muretto a secco per delimitare un nuovo vigneto. E’ una pratica caduta in disuso per tanti anni e ora in timida ripresa. Secondo Domenico quegli operai sono albanesi perché gli albanesi usano spaccare le pietre per adattarle alla sagoma del muro mentre gli italiani fanno i muretti a secco senza spaccare pietre.
Nicola mi fa notare che alcuni muretti dispongono di scale. Sono stati gli stessi costruttori che hanno sistemato alcune pietre in modo da sporgere, su un lato e sull’altro, e fungere da scala per permettere alle persone di scavalcare il muro.
I canti degli uccellini e lo svolazzare delle farfalle ci accompagnano lungo il percorso che divide la Puglia dalla Basilicata. Sembra di camminare sulla cartina, afferma divertito Nicola.
Abbandoniamo l’asfalto in prossimità di un cantiere con una montagna di sabbia scura e ci incamminiamo tra i campi dove hanno già mietuto per raggiungere l’ombra di un perastro, a poche decine di metri da Telespazio.
I nostri amici sono sorpresi di trovare un impianto tecnologico avanzato, con osservatori e parabole che scrutano il cielo, sperduto tra la campagna e la murgia.
Tutti noi siamo sorpresi di trovare un’oasi ricca d’acqua in una traversata quasi desertica, nel territorio carsico murgiano: da un pozzo dell’acquedotto lasciamo sgorgare acqua quanto basta per dissetarci e bagnarci la testa. Luca, a torso nudo, sembra un indiano sul Gange.
Dal suo zaino, Domenico tira fuori ancora una volta la sua generosità di camminatore e degustatore di leccornie: senza avvertire ha portato la frutta per tutti, dal melone bianco a quello giallo, dall’anguria ai fioroni, fresca e invitante.
Riprendiamo il percorso verso Matera sotto il sole che, per fortuna, morde meno del previsto: l’aria è stemperata da un piacevole venticello.
Attraversiamo la murgia di Alvino e superiamo “il Telefono”, il punto più alto della murgia materana con suoi 520 metri di quota,  passando accanto al fabbricato che fu scuola rurale ed è ora occupato dalle pecore di Conforti. Raggiungiamo Tempa Rossa, da dove spunta per la prima volta l’abitato di Matera.
Discendiamo dall’impianto del serbatoio dell’acquedotto fino a raggiungere Jazzo Gattini, dove ci fermiamo per la pausa pranzo nella sede del Cea – Centro di Educazione Ambientale del Parco della Murgia Materana. Salutiamo Alessio e suo fratello che non si fermano e proseguono il cammino verso i Sassi.
Siamo in un contesto rurale, anche se circondati di cultura e di arte, e non ci vergogniamo di sedere a tavola a mangiare la cialledda a piedi scalzi.
Ripartiamo dopo le 3 di pomeriggio, nell’aria più calda della giornata. Donato ed io guidiamo i nostri amici lungo il fianco dello Jesce, che spieghiamo essere molto inquinato nonostante le tante campagne di sensibilizzazione di associazioni e stampa per riportarlo in vita.
All’altezza di San Vito alla Murgia discendiamo da Murgia Timone nella gravina, guadiamo facilmente il torrente ridotto ad un rigagnolo e risaliamo lungo il sentiero fino a Porta Pistola, all’ingresso dei Sassi.
L’accesso dal sentiero della gravina è sbarrato e siamo costretti a scavalcare la barriera. Ancor più surreale ci appare la richiesta di una donna che, dalla strada deserta e assolata, noi appena giunti sudati e stanchi per la lunga camminata sotto il sole, si avvicina e ci chiede se vogliamo una visita guidata nei Sassi.
Finalmente nel vicinato del palazzotto del Casale ci aspetta un po’ d’ombra e fiumi di birra con cui dissetarci, seduti sui gradini di pietra.
Il Sindaco di Matera Salvatore Adduce ci viene incontro e ci saluta, lodandoci per l’impegno, oggi inconsueto, di unire Matera al mondo a piedi.
Ecco che arrivano Fabiola e gli altri camminatori che sono partiti da Montescaglioso. E’ il primo abbraccio italiano della Stella. Le braccia (del cammino, preferisco qui al femminile perché umane) a che cosa servono se non ad abbracciarsi?
Attraverso il cammino, con la fatica che richiede, si può testimoniare il proprio impegno ideale e civile. Stella d’Italia vuole simbolicamente ricucire l’Italia in crisi, ferita, prostrata, attingendo dalle risorse interne alla sua storia e alla sua cultura la forza che possa farla rialzare.
Si ricomincia in un vicinato del Sasso Barisano, in compagnia di Paolo Verri, direttore del comitato “Matera 2019”, e di Claudia, che hanno organizzato l’accoglienza ai camminatori di Stella d’Italia. Si ricomincia a piedi, mescolando, ai passi, le parole degli scrittori, tra sogno e poesia.

(*) Dell’associazione Trekking Falco Naumanni Matera.

Il tracciato del percorso da Laterza a Matera, a cura di Alessio:
https://maps.google.com/maps/ms?msa=0&msid=210108427751447103689.0004c24629402ff970183

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