Lettera aperta alle camminatrici e ai camminatori della Stella d’Italia

Antonio Moresco

Siamo tornati nelle nostre case, dopo due mesi fuori dall’ordinario, e alcuni di noi sono ancora un po’ frastornati e stanno vivendo il contraccolpo di passare da giorni così intensi alla vita cosiddetta normale. I nostri ritmi stanno cambiando, i nostri pasti sono diventati più completi e più sostanziosi, i nostri letti più morbidi, le ultime vesciche ai piedi si stanno seccando, qualcuno di noi ha diminuito drasticamente il consumo giornaliero di birre.

Abbiamo fatto insieme -con le nostre poche forze e in condizioni di radicale volontariato- una cosa che non era mai stata fatta finora da nessuno: un attraversamento generale a piedi di tutta Italia (solo dalla Sardegna non siamo riusciti a concretizzare un braccio autonomo, anche se ci sono stati dei sardi tra i camminatori), dal nord, dal sud, dall’est, dall’ovest, che si sono mossi all’unisono in uno spostamento centripeto verso un cuore ideale e sentimentale del nostro Paese, che per noi è stato l’Aquila.

Non abbiamo ancora fatto il conto preciso dei chilometri percorsi, ma sappiamo già che sono stati migliaia. Non abbiamo fatto il conto preciso dei camminatori ma sappiamo già che sono stati centinaia -il tutto in piena estate, in un caldo africano, dormendo a volte sui nudi pavimenti e svegliandoci alle tre del mattino- e che questi sono stati solo la punta dell’iceberg di questa Stella, perché ci sono stati tutti quelli che ci hanno accompagnato anche solo per pochi chilometri durante i cammini, quelli che ci hanno sostenuto in mille altri modi, che hanno aderito all’iniziativa, che l’hanno fatta circolare sui giornali, nelle telivisioni e in rete, che ci hanno fisicamente incontrato, che ci hanno parlato delle loro vite e delle loro lotte, che ci hanno dato da mangiare, che ci hanno ospitato.

Avevamo uno scopo e una trascendenza: ricucire l’Italia con i nostri passi. Ed è quello che abbiamo fatto, che siamo riusciti incredibilmente a fare. Credo che ognuno di noi porterà nella mente e nel cuore il ricordo attivo di questi giorni, la sensazione di avere partecipato a qualcosa di pionieristico, di avere allargato i confini della propria vita, delle proprie possibilità e libertà e delle proprie forze, di avere partecipato e messo al mondo insieme a tanti altri una piccola grande impresa.

Ci sono stati anche momenti difficili, dolorosi, divisioni inutili e anche pretestuose, ingenerose e ingiuste, che sono passate sopra di noi come una nube negli ultimissimi giorni del nostro cammino. Peccato! Le cose non stavano, non stanno così. Tutti noi, ciascuno a suo modo, abbiamo dato quello che potevamo dare. Qualcuno di quelli inaspettatamente presi di mira si è impegnato fino allo spasimo e al limite delle proprie forze e dei propri mezzi. Nessuno ha strumentalizzato nessuno, se mai ci siamo strumentalizzati da noi stessi, nel senso che ci siamo fatti strumento dei nostri desideri e dei nostri sogni, che erano evidentemente condivisi e che erano annidati da tempo dentro di noi, se hanno trovato il modo di nascere e di concretizzarsi in un’impresa comune.

Ma è solo un piccolo aspetto e un piccolo dramma all’interno di questa cosa che siamo riusciti a mettere al mondo insieme e con il concorso di tutti, che non deve offuscarne la portata e il senso e su cui è inutile dilungarsi.

Ogni tanto, in questi giorni di passaggio tra un mondo e l’altro, tra una dimensione e l’altra, mi viene all’improvviso un senso di mancanza, la sensazione di non avere salutato abbastanza bene questa o quello, perché siamo partiti alla spicciolata, e anche perché si è voluto introdurre una nota di divisione e sospetto tra di noi. “Non ho salutato come avrei voluto questo” mi viene in mente “Non ho abbracciato e baciato e accarezzato come avrei voluto quest’altra o quest’altro”.

Lo faccio adesso, con queste righe che ho sentito il bisogno di scrivere a tutti, proprio a tutti, con questo scopo.

Nei prossimi giorni proporremo delle date e dei luoghi per un nostro incontro prima della presentazione della Stella al Festival della Letteratura di Mantova, a cui spero interverrete numerosi per il piacere di rivederci e per portare la vostra testimonianza.

Un’ultima cosa: sarebbe bello che -chi lo vuole- scrivesse qualcosa sulle proprie esperienze, da pubblicare sul nostro sito o a cui attingere per un libro collettivo di testimonianza e rilancio che pubblicheremo l’anno prossimo, ricco anche di immagini dei cammini, per mostrare anche, fisicamente, le persone, i volti, i momenti di fatica e di sollievo durante le soste, le preparazioni dei giacigli per la notte, i risvegli. Mandateci per favore le fotografie che ci sono ancora nelle viscere delle vostre macchine fotografiche e dei vostri telefonini (magari all’e-mail “iscrizioni”), così potremo scegliere nel mare di queste immagini e testimonianze quelle più adatte. Chissà cosa riusciremo a combinare per l’anno prossimo?

Chissà se riusciremo ad attuare una proiezione europea dei nostri cammini? Vedremo insieme, ma con tranquillità, in amicizia. E poi ciascuno farà liberamente quello in cui crede e che si sente di fare.

Speriamo di poterci incontrare ancora nella prossima primavera, come per una misteriosa e irradiante migrazione di uccelli.

Vi abbraccio, vi bacio e vi accarezzo tutti e vi auguro una buona estate,

Antonio

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