Il canto del Gallo

Di Giacomo D’Alessandro

don-gallo_620x410Stamattina mi sono raccolto insieme a pochi amici tra le panche della chiesa di San Benedetto al Porto, fissando quella bara su cui qualcuno ha posato un fazzoletto partigiano, il cappello nero e la sciarpa rossa di lunga memoria. Neanche un minuto dopo si avvicinava un tizio di mezza età, chiaramente ubriaco, che stringendoci la mano biascicava a litania l’ora e il luogo dei funerali del “Gallo”, come lo chiamano qui.

E’ la perfetta metafora della Comunità di San Benedetto al Porto, nel cuore di Genova: un luogo dove le liturgie si sporcano i paramenti con la presenza costante degli “ultimi”, genti con storie pazzesche, squallide e splendide, passate di qui e che qui hanno lasciato il cuore. Metafora di uno stile “angelicamente anarchico” e di un clima che chiede a chiunque di mettersi alla pari, faccia a faccia, di toccare con le mani le sofferenze e le angosce, le ironie e le esuberanze di ogni “ospite”. Senza permettersi di giudicare, senza permettersi di non amare. Qui l’indifferenza non trova asilo.

Racconti e aneddoti ne ho sentiti di tutti i colori in questi anni: amici che sostengono di esser stati in coda per parlare col don sulla sedia accanto a Pierò Pelù, o di aver visto irrompere un evaso in cerca di aiuto per cui la prima preoccupazione del Gallo era stata: “Dove lo nascondiamo?”

Negli ultimi mesi mi era capitato di vedere don Gallo in scena con lo spettacolo Esistenza, soffio che ha fame, scritto e recitato in tutta Italia insieme a Carla Peirolero e alla Compagnia del Suq (Suq che ha sempre amato e sostenuto, senza mai mancare all’appuntamento del festival). Poi grazie a un amico che abita a San Benedetto mi era successo di andare da lui per qualche chiacchierata notturna (il Gallo ha sempre fatto orari sballati, andando a dormire a notte inoltrata e svegliandosi dopo pranzo), tra i giornali freschi di stampa con le ultime notizie politiche, gli aneddoti dei suoi incontri, le vicende della Chiesa.

A chiunque l’abbia avvicinato nella quotidianità colpiva prima di tutto il suo essere “vero”: non un’icona costruita a fini di immagine, non un personaggio gonfiato, non un urlatore dei poveri, ma uno che appariva così come era: vestito semplicemente, attorniato giorno e notte da personaggi della strada (disgraziati, drogati, delinquenti, diversi, semplici…), appassionato e curioso per i fatti del mondo e della vita, preoccupato di tenere in conto “gli oppressi” in qualsiasi forma e circostanza. Le persone più impresentabili attorno a lui si trasfiguravano ed entravano in una logica di servizio.

Ho nel cuore tre cose importanti della sua testimonianza di vita. La prima: don Andrea Gallo non è stato – come ritenuto da molti se dicenti cattolici – un “prete un po’ strano”, un “prete a metà”; ma un “prete alla seconda”, profondamente discepolo di Gesù, radicalmente cercatore della verità, del “regno di Dio e la sua giustizia”, fortemente ancorato alla sua vocazione che lo ha condotto su strade nuove, e alla sua Chiesa che nei suoi vertici lo ha così spesso ignorato e marginalizzato quando non rimproverato e ostacolato (“la sanno a memoria la legge di Dio, e scordano sempre il perdono”). Amare e obbedire mantenendo lucidità e libertà nel senso critico significa esser veri cristiani, membri che contribuiscono all’assemblea, all’ecclesia.

La seconda cosa che ho nel cuore è il suo talento e la sua vocazione come uomo di spettacolo, artista, poeta del marciapiede. Molti, soprattutto fra i suoi “colleghi”, lo hanno spesso snobbato apostrofandolo con malcelata invidia per la sua visibilità e mediaticità. Certo, il Gallo è divenuto nel tempo un’icona, un uomo del palcoscenico e un amico di artisti e intellettuali. Ma per autenticità e realizzazione dei suoi “talenti”, non per aspirazioni o collusioni di potere. Lo dimostra il fatto che abbia continuato fino alla fine la sua vita semplice ed essenziale a San Benedetto, tra i suoi “ragazzi”. E nel dare seguito alle sue passioni, amicizie, capacità, ha portato il suo essere prete, senza mai rinnegarlo né smettere di far passare le parole del Vangelo in quello che faceva.

La terza cosa che ho nel cuore è la libertà condita con spruzzate di anarchia e di coraggio che ha sempre trasmesso. Coraggio anche di esagerare, anche di sbagliare il tiro, anarchia anche a costo di combinare le cose in maniera azzardata, di veder crollare castelli di carte, di non dare forma stabile a certe sue intuizioni sociali, culturali, ecclesiali. Sono stati antidoti alla corruzione del potere, all’immobilismo che rassicura e stacca dalla realtà. E’ stata libertà di essere amato od odiato, a seconda della circostanza, della platea. Non si è mai venduto come saggio con tutte le risposte e le opinioni, né come paladino di qualche interesse privato. Non si è mai venduto pur lasciandosi coinvolgere da tutti, per essere fratello, per un amare puro, anche a costo di essere talvolta strumentalizzato o preso in giro. Un irriducibile compagno dell’umanità.

Mi unisco al grazie dei tanti innumerevoli che in questi giorni gli rendono omaggio, a coloro che vogliono lasciarsi ancora interrogare e “rompere le scatole” dal don, piuttosto che imbalsamarlo o normalizzarlo sminuendolo, come altri provano già a fare. Mi unisco a chi gli ha voluto bene e ha ricevuto sollievo dal sentirsi “protetto” da un pastore unico e libero come lui. Mi unisco a chi, patendo la scarsa credibilità e coerenza dei vertici ecclesiastici e politici di questi anni, ha ricevuto da questo anziano “partigiano” dosi di speranza e slanci verso la giustizia sociale, per una Chiesa povera, per una società giusta. Mi unisco un po’ sgomento e commosso, con il cuore piccolo e un amore grande, a chi viene alla “spiaggia” di San Benedetto per salutare un’ultima volta don Andrea, che ieri si è addormentato.

E aveva un solco lungo il viso. Come una specie di sorriso.

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2 thoughts on “Il canto del Gallo

  1. laura scrive:

    non c’è amore piu’ grande dare la via per gli amici !(dal vangelo di giovanni) grazie do gallo per la ua amicizia libera!

  2. edoardo scrive:

    davvero un grande uomo e prete, ogni volta che lo sentivo parlare mi toccava il cuore …

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