Sardegna 2015: il più emozionante dei nostri cammini

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Antonio Moresco
4 luglio 2015

Si è appena concluso il nostro cammino sardo. Tutti i nostri cammini sono stati particolari, avventurosi e indimenticabili. Ma questo è stato il più emozionante, il più intenso, il più armonioso e il più bello.
Un folto gruppo di camminatori vecchi e nuovi, di tutte le età e provenienti da molte regioni d’Italia (ma abbiamo avuto con noi anche due camminatori originari di Ungheria e Brasile) hanno camminato dal 31 maggio al 3 luglio nel cuore della Sardegna, sotto un sole cocente e qualche volta anche sotto la pioggia e la grandine, seguendo questo percorso:

Portoscuso
Carbonia
Miniera Rosas Narcao
Castello di Acquafredda (Siliqua)
San Sperate
Cagliari
Sinnai
Burcei
San Niccolò Gerrei
Armungia
Goni
Mandas
Escolca
Genoni
Samugheo
Villanova Truschedu
Oristano
Seneghe
Santu Lussurgiu
Ghilarza
Neoneli
Sorgono
Ovodda
Fonni
Orgosolo
Nuoro
Orotelli
Orani
Mamoiada
Gavoi

Impossibile riassumere in poche righe il calore e l’ospitalità che abbiamo incontrato. Questo è stato anche il nostro cammino più ricco di incontri e il più seguito dalla stampa locale, merito anche di una giornalista dell’Unione Sarda che è stata con noi nelle prime tappe e che ha poi continuato a informare passo passo sul giornale e in rete. Così ci capitava di venire continuamente riconosciuti e accolti durante la via.

Abbiamo incontrato associazioni in difesa del territorio e contro la posa di scorie nucleari in Sardegna, contro la chiusura di fabbriche, associazioni culturali, cantanti sardi, suonatori di launeddas, pastori. Ci sono stati incontri intensi a Casa Lussu e Casa Gramsci, abbiamo visitato lungo il cammino siti archeologici, nuraghe, menhir e tombe scavate nella roccia tre-quattromila anni prima di Cristo. Abbiamo toccato con mano la dura realtà della Sardegna ma anche la sua diversità, il suo coraggio e le sue eccellenze. Siamo stati ospiti in grandi cene nei novenari, nelle piazze e in altri spazi, abbiamo conosciuto l’enorme e commovente senso dell’ospitalità dei sardi e che non ha l’eguale. Sera dopo sera, alla faccia del buonsenso che avrebbe richiesto più ore di sonno sui nudi pavimenti e più temperanza, ci sono state grandi tavolate, grandi cene e bevute omeriche, che hanno fatto di questo cammino, oltre che il più bello, anche il più scatenato e il più ebbro.

Un’altra caratteristica di questo cammino è stata la presenza soverchiante delle donne, più grande ancora che negli anni precedenti. Non solo l’organizzazione e la cura dei singoli aspetti logistici, ma anche l’organizzazione generale, la definizione delle tappe, la direzione e la guida, sono state merito delle donne. Ciò che, in altri campi della società e della politica, si cerca di ottenere astrattamente e volontaristicamente con l’adozione di quote e di altre pratiche impositive, nella nostra piccola Repubblica Nomade è avvenuto naturalmente e sul campo, attraverso la fatica condivisa, l’elezione e l’esempio. Questo, a mio parere, non sarà senza conseguenze organizzative nella nostra futura vita di gruppo inclassificabile e anomale. Ringrazio tutte, in particolare Alessandra, Roberta, Beatrice, Donatella e Ornella, che sono state il cuore organizzativo pulsante della nostra piccola carovana e che hanno contemporaneamente curato l’informazione in rete. Per quanto mi riguarda, ringrazio anche Tiziana, che si è presa cura della mia caviglia dolorante e che mi ha permesso di portare a termine questo cammino.

Questo è stato, fin da quando lo abbiamo immaginato e sognato, il più sentimentale dei nostri cammini. In questo caso è successo che il nostro sentimento è stato contraccambiato dagli abitanti di questa isola unica.

L’ospitalità e il calore che ci hanno accompagnato dall’inizio alla fine ha avuto il suo culmine a Gavoi, dove siamo arrivati con le nostre bandiere e siamo stati accolti dai Tenores nei fiammeggianti costumi di Orgosolo, che ci hanno cantato una canzone di benvenuto composta per noi. Questo è stato, tra i tanti, il momento più alto e più intenso, per cui ringraziamo Marcello Fois e tutti gli organizzatori di questo piccolo-grande Festival.

Siamo un gruppo prefigurativo e donchisciottesco, ma anche la Sardegna è un’isola prefigurativa e donchisciottesca, così sospesa tra passato e futuro, animale e uomo, morte e vita, realtà e sogno. Tutto è stato così speciale e magico perché si vede che ci siamo immediatamente riconosciuti, è stato amore a prima vista.

Se, come appartenenti a questa piccola Repubblica Nomade, non fossimo dei senza patria, la Sardegna sarebbe la nostra patria.

 

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