#IL MITO DELL’EUROPA: SIAMO ARRIVATI, SIAMO APPENA PARTITI

Arrivo ad Atene

Si è concluso da pochi giorni l’ottavo cammino della nostra piccola Repubblica nomade. Ci siamo radunati nella Grecìa salentina, dove abbiamo camminato per due tappe. Poi abbiamo attraversato il mare e abbiamo camminato da Delfi ad Atene, attraverso strade e sentieri, piccoli paesi dell’interno e città dai nomi celebri, come Tebe ed Eleusi. E poi siamo rimasti per alcuni giorni ad Atene, dove abbiamo camminato attraverso la città e nelle sue più drammatiche periferie.

Il cammino di quest’anno è stato caratterizzato da un gran numero di camminatori (in alcune tappe eravamo quasi in 50), da un caldo tremendo, da un tranquillo estremismo e da una strana e persistente armonia, e si è concluso con la celebrazione di un matrimonio nomade tra Ilaria e Claudio, tutti a piedi nudi in una sala piena di sacchi a pelo e imbandierata, sotto gli occhi di un testimone d’eccezione: il nostro Kaspar Hauser, che ci guardava dalla sua bandiera sudicia che ha sventolato davanti a noi durante molti dei nostri più estremi cammini.

E poi c’è stata una cena dove la tensione si è sciolta ed è avvenuto uno scatenamento di allegria e di ebbrezza, che accompagna spesso i nostri cammini, perché noi non siamo una repubblica tetra.

Abbiamo camminato attraverso montagne e campagne percorse da camion pieni di migranti che andavano a raccogliere cipolle e patate, piccole città che portano ancora i segni delle recenti alluvioni. Siamo entrati ad Atene percorrendo chilometri e chilometri in scenari desolati di baraccopoli e discariche a cielo aperto, in un grande fetore e con stormi di gabbiani che ruotavano nel cielo, perché noi non siamo un gruppo di escursionisti che fanno trekking e non abbiamo paura di attraversare da parte a parte anche queste ferite.

Nella capitale siamo stati ospiti per quattro giorni di una chiesa cattolica armena, dove abbiamo dormito per terra e cenato insieme a profughi siriani ospitati nella stessa struttura.

Durante il cammino, attraversando località dai nomi mitici ma attualmente ridotte a paesi e città a volte degradati e dove (eccetto piccole zone archeologiche delimitate) non resta più nulla delle strutture urbanistiche e architettoniche dei vari passaggi d’epoca, a causa delle antiche distruzioni ottomane e delle recenti ondate di speculazione edilizia, abbiamo sperimentato il dolore dei nomi, il misterioso passaggio della gloria e la strage delle illusioni.

Abbiamo incontrato associazioni che cercano di portare sollievo alla sofferenza, nella situazione difficile che sta vivendo la Grecia, visitato case e alberghi occupati, per l’onda dei profughi partoriti dalle devastanti guerre e distruzioni mediorientali. Abbiamo toccato con mano il danno causato da logiche economiche e politiche restrittive, da sopraffazioni di breve respiro e suicide, ma anche da semplificazioni demagogiche autoconsolatorie e autoassolutorie che hanno preso piede in Grecia (e anche in Italia). Come se, uscendo dall’euro e ritornando alla lira o alla dracma, la situazione tornasse automaticamente uguale a quella degli anni Ottanta, come se nel frattempo tutto il resto del mondo fosse rimasto fermo immobile, ad aspettarci. Stampiamo dracme a tutto spiano e poi ci penserà quel bravo ragazzo di Putin ad aiutarci e a pagare il nostro debito in nome della solidarietà ortodossa…

E abbiamo anche toccato con mano quello che andiamo dicendo da tempo e che è il filo rosso dei nostri cammini: e cioè che se questo originale progetto geopolitico dell’Europa fallirà si creeranno le condizioni per nuove divisioni e guerre dispiegate anche nel nostro continente, che sembra non avere ancora imparato la dura lezione della sua storia e che si sta consegnando di nuovo a mestatori senza scrupoli che additano soluzioni miracolistiche e aumentano la frustrazione, l’insicurezza l’odio e il rancore nella popolazione per poterla tenere in pugno.

Al termine del cammino tre nostri camminatori hanno continuato a camminare fino al monte Olimpo. E poi ancora due di loro -le nostre Laura e Luisa- hanno continuato eroicamente il cammino dirette a Srebrenica, dove parteciperanno alla marcia annuale in commemorazione della strage avvenuta in quella città.

Durante alcune riunioni che ci sono state alla fine delle tappe è emersa la consapevolezza che la nostra piccola repubblica si trova in un momento di passaggio, che proprio perché siamo ormai così numerosi e capaci di portare a termine qualsiasi impresa non dobbiamo accontentarci di questo moto perpetuo ormai sperimentato ma dobbiamo spingerci verso un’invenzione nuova e un ulteriore sbilanciamento in avanti, e che questo sarà il tema di riflessione delle riunioni della Repubblica nomade che si terranno dopo l’estate, che saranno di tipo costituente.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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