Un sogno più grande

Di Giovanni Giovannetti

G.G., editore e fotografo, è stato uno degli organizzatori di “Cammina cammina”, ma soprattutto un camminante, uno di quelli che hanno macinato più chilometri. Questo è il suo bilancio del cammino.

Per due mesi sono stato in cammino da Milano a Napoli. 1.200 chilometri inseguendo un sogno più grande, volto a tirare fuori il meglio dalle persone e fuori da parole d’ordine solo politiche. Abbiamo camminato in 650, una piccola parte di quel Paese reale capace di forza rigenerativa e prefigurazione (linfa vitale in questi tempi grami), persone accomunate da un’idea di nazione saldamente ancorata al principio di cittadinanza, così come recita la nostra Costituzione. In cammino per ridare spazio ai sentimenti e senso ad alcune parole: salute, forza interiore, capacità di pensiero, fervore, allegria, altruismo, rifiuto dell’ingiustizia, amicizia, amore, libertà…

Ad esempio, la libertà e quel solco che oggi separa i diritti individuali dall’insistita domanda di sicurezza. Ma quale sicurezza, o insicurezza? Quella indotta del presunto aumento dei furti e delle rapine? (balle: aumenta solo la violenza entro le mura domestiche) Oppure quella reale legata all’economia criminale e illegale (soffocante: oltre il 40 per cento del Prodotto interno lordo nazionale) che stanno consegnando il Paese all’oblio

Dai media sembra scomparsa la realtà: non è l’insicurezza ad aumentare, tanto meno la sua percezione, aumenta la manipolazione mediatica alla quale veniamo sottoposti dai giornali e soprattutto dalle tivù. Perché continuano a raccontarci bugie? Zygmunt Bauman risponderebbe che il potere teme l’eccesso di paura, e allora lo indirizza su obbiettivi innocui, ad esempio trasformando zingari e stranieri in minacce aliene più temibili delle mafie e più allarmanti della perdita di valore dei salari, o del progressivo aumento delle famiglie in difficoltà economiche. Un potere e una politica indifferenti all’etica, rinchiusi in partiti-chiesa invasivi al punto da essersi progressivamente sostituiti alle persone – unico soggetto razionale e morale, direbbe Roberta De Monticelli – allontanandosi così dal dettato costituzionale. Sì. Perché se il bene ultimo di ogni democrazia è la libertà individuale, la necessaria disciplina dei diritti e dei doveri non può che trovare nella Costituzione le sue regole.

Anche per questo motivo da Milano a Napoli il “Cammina cammina” ha voluto accogliere solo adesioni individuali, ovvero singole persone accomunate da sentimenti condivisi, cittadini disposti a mettersi in gioco anche fisicamente in questa esperienza civile tra rumorose periferie corrotte, lungo sentieri in appartati boschi secolari o in silenziosi borghi medievali. Questo sguardo ha avuto nella storica via Francigena (e poi nell’Appia antica) un suo motivo culturale unificante: quell’Italia “altra”, parallela e solidale che, con afflato unitario, non rinuncia a sognare e a fare cose, insieme.

Di questo Paese fanno parte persone come il prefetto Ferdinando Buffoni, che a Pavia ci ha affidato una bandiera tricolore, poi consegnata al neo-sindaco napoletano De Magistris. O come i ragazzi di Libera, che a Casal di Principe (Caserta) non arretrano di fronte alla Camorra, continuando a operare per l’inserimento nel mondo del lavoro delle persone con disturbi psichici, o a riconvertire a biologico le terre confiscate a Sebastiano Ferraro (clan Sandokan Schiavone), nonostante il recentissimo taglio doloso del sistema di irrigazione dei coltivi e altre insistite minacce, immaginando se stessi quali sentinelle del territorio; perché – come ci hanno detto – «dalla Camorra ti puoi difendere, ma si resta impotenti di fronte alla malapolitica». Tutori del paesaggio, agricoltori “custodi del territorio” come Pierluigi Petrelli di Paderna presso Piacenza, un imprenditore agricolo deciso a scommettere su riforestazione e agricoltura senza additivi (già a Paderna era emerso questo tema dell’agricoltura come custode del territorio, agricoltori guardiani della natura). O come la tenera coppia che a Sermoneta (Latina) abbiamo visto felice di fronte alla improvvisata serenata sotto casa per il cinquantesimo anniversario del loro matrimonio. O chi felice non è: come Luigi, 56 anni, un esperto macellaio oggi disoccupato costretto a chiedere l’elemosina a Sarzana (La Spezia) davanti al convento di San Francesco. O Ciro, saldatore napoletano cinquantenne incontrato a Vetralla (Viterbo), senza lavoro e senza un soldo, ospite insieme a noi della locale parrocchia.

Camminando sul binario della Francigena il paesaggio si fa orizzontale, binario che simbolicamente riassume l’idea di quest’altra Italia che rallenta e aspetta tutti: l’Italia che non abbandona chi patisce disagi o di chi propone alternative più ragionevoli al modello di sviluppo senza progresso che muove dietro l’inutile, vorticoso e devastante consumo dei suoli e delle economie parassitarie o illegali o criminali – mafiose e no – che stanno progressivamente soffocando il Paese.

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