Per la stessa ragione del viaggio, viaggiare

Roberto D’Alessandro

Foto di Maria Grazia Lacitignola

Camminare, con una meta e senza una meta, ti fa assaporare il gusto mai troppo compreso di un certo nomadismo dell’anima, noi legati a doppio filo alle nostre certezze strutturali.

Che ragione può farti muovere le gambe, una dopo l’altra, per migliaia di passi insieme a compagni di viaggio che ieri non conoscevi e oggi ti sembra di aver sempre conosciuto?

Riutilizzando la metafora del nomadismo direi con De Andrè “per la stessa ragione del viaggio, viaggiare”. Viaggiare con il corpo, viaggiare con la mente, viaggiare con lo spirito del viandante che lascia il certo per trovare l’incerto, è un atto rivoluzionario.

Cosa c’è di più insolito e fuori dagli schemi che attraversare a piedi paesi e città dove la vita corre e scorre con i ritmi incalzanti del dover andare, del dover arrivare più presto che puoi, del non dover perdere tempo?

Ma è proprio questo perdere del tempo e perdersi nel tempo la perla nascosta di questa avventura, la “Stella” che ti guida per “l’Italia” come una cometa che segui perché sai che ti porta verso qualcosa di prezioso. Il tesoro che cerchi non è all’arrivo, ma è dentro il cammino stesso.

E’ il tesoro che scopri attraversando la vita della gente, attraversando la storia fatta di incontri e scontri, di una bellezza incompresa del nostro territorio, di un fascino spesso tradito dalle nostre chiusure a doppia mandata di cancelli, portoni, inferiate, diffidenze, dipendenze.

Guardando oltre le chiusure e le paure si riesce a scorgere ancora quel filo che di generazione in generazione ci lega alla terra dei nostri padri, dei nostri nonni, una terra amata e protetta, curata e solidale pur nella incertezza più profonda. Un filo a volte impercettibile corroso dalle nostre tante ipocrisie.

Ricordo quando Sam all’inizio del cammino della Compagnia dell’Anello dice a Frodo: “Ci siamo! Se faccio ancora un passo non sarò mai stato così lontano da casa mia”.

Quanto è vero che contiamo i passi che ci separano dalla nostra casa, legati da un cordone sì prezioso per il senso di appartenenza che ci trasmette, ma a volte traditore perché ci impedisce di lasciarci andare e di considerare ogni posto la nostra casa e ogni casa il nostro posto.

E’ un percorso quasi più mentale che fisico che ci aiuta a passare da un “io” a un “noi”, a sentirsi cittadini di ogni paese, araldi di un messaggio tanto antico quanto nuovo, un messaggio che ci chiede di svegliarci, riprendere in mano le nostre vite, le nostre terre, gli affetti, le relazioni vere, le radici più profonde.

E scoprire che in fondo possiamo essere davvero un paese di persone che sanno superare le distanze, anche attraverso i passi di un gruppo di matti.

Come recita bene un verso di una canzone di Jovanotti:

“Cos’è che ci fa essere così lontani
in cosa tutt’e due possiamo dirci umani
e se possiamo dirci umani che cosa ci divide
e cosa lega i nostri due destini indissolubilmente
che la distanza è tanta ma anche niente improvvisamente”.

[Roberto D’Alessandro è un camminatore di Stella d’Italia.]

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